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San Charbel
LE RELIQUIE DI SAN CHARBEL
ALLA MADONNA DELLO SCOGLIO
Patrizia Cattaneo - Copyright luglio 2012
Santa Domenica di Placanica (RC). Comunità Madonna dello Scoglio.
Da sinistra: statua di san Charbel, padre Maroun, padre Elias Jamhoury, padre Antonio e padre Fadi.
I padri maroniti visitano la Madonna dello Scoglio e Fratel Cosimo
Giovedì 28 giugno 2012, nei primi vespri dei santi Pietro e Paolo, patroni dell’Eremo di Annaya dove ha vissuto ed è spirato il grande taumaturgo libanese san Charbel Makhlouf, quattro monaci libanesi maroniti hanno visitato il Santuario della Madonna dello Scoglio a Santa Domenica di Placanica (RC). E’ stato il primo luogo in cui il Postulatore e Procuratore padre Elias Jamhoury si è recato in missione ufficiale per presentare i santi del suo Ordine monastico, dopo la sua nomina a Postulatore e il suo trasferimento presso la Procura maronita di Roma. Era accompagnato da tre monaci che stanno completando i loro studi teologici a Roma: padre Toni, Fadi e Maroun. La Comunità della Madonna dello Scoglio li ha accolti con grande entusiasmo e Fratel Cosimo Fragomeni li ha accompagnati in visita ai luoghi in cui la Vergine Maria nel 1968 gli apparve per la prima volta, esprimendo il desiderio che i fedeli affluissero in questo luogo da tutto il mondo, e concedendo segni celesti e doni particolari a Fratel Cosimo per portare avanti questa missione. Oggi Fratel Cosimo raccoglie i frutti della sua docilità al progetto divino e della sua incondizionata ubbidienza alla Chiesa, in quanto il vescovo di Locri-Gerace, Mons. Giuseppe Fiorini Morosini, nel 2008 ha riconosciuto ufficialmente la realtà della Madonna dello Scoglio come luogo di culto. L’11 maggio 2012, nel quarantaquattresimo anniversario dell’apparizione mariana, il vescovo ha concelebrato la santa messa con 50 sacerdoti e ha benedetto la grande croce fatta erigere da Fratel Cosimo sul luogo in cui sorgerà, per volere della Vergine Maria, il più grande santuario della Calabria e uno dei più grandi del Mediterraneo. Particolarmente commovente è stata la visita alla sala degli ex voto, tappezzata da lapidi commemorative che esprimono la riconoscenza di numerose persone graziate dalla Madonna dello Scoglio, grazie alla preghiera di Fratel Cosimo. Una miracolata, Rita Tassone, guarita in questo luogo da un osteosarcoma maligno dopo tredici anni di totale infermità, ha mostrato ai padri libanesi la sedia a rotelle, abbandonata nella sala degli ex voto, e ha donato loro il suo libro testimonianza corredato dai referti medici. E’ stata una giornata storica per tutti i presenti, anche per i padri libanesi e per fratel Cosimo, di cui è nota la particolare devozione a san Charbel. Padre Elias, dopo essersi intrattenuto qualche minuto in privato con Fratel Cosimo, ha esordito esponendo ai presenti la vita dei santi maroniti. La presentazione è stata seguita dall’unzione dei fedeli con l’olio di san Charbel e dalla suggestiva celebrazione eucaristica in rito orientale, che si è conclusa con la benedizione di una statua lignea di san Charbel, donata alla Comunità dello Scoglio da una coppia di benefattori, che l’ha fatta realizzare negli Stati Uniti. Alla fine i presenti hanno ricevuto la benedizione con le reliquie di san Charbel: una reliquia ex ossibus, un po’ di terra della prima tomba e il liquido rossastro che per 67 anni dopo la morte continuò a traspirare miracolosamente dal suo corpo flessibile e intatto.
Trascriviamo, adattandola alla forma scritta, la catechesi di padre Elias, tenuta alla Comunità “Madonna dello Scoglio” sui quattro grandi santi dell’Ordine libanese maronita.
Ci chiamiamo maroniti dal nome del nostro patrono, san Marone…
“Il Libano è una terra cristiana, una terra di conflitti che ha prodotto molti martiri. La situazione in Medio Oriente è sempre stata difficile, ma noi siamo qui per dirvi che c’è un aspetto molto importante per i cristiani, cioè che il Libano è l’unico paese cristiano del Medio Oriente. Siamo qui per testimoniarvi questo e per diffondere il messaggio dei nostri santi, che costituiscono il nostro tesoro, perché ci danno la forza di rimanere nella nostra terra. E’ impossibile approfondire la loro vita in questa sede, mi limiterò quindi a sottolineare qualche aspetto della loro biografia che possa esservi utile. Noi siamo cattolici di rito orientale, legati alla Santa Sede e ci chiamiamo maroniti dal nome del nostro patrono, san Marone, come i francescani prendono il nome da san Francesco e i benedettini da san Benedetto.
Uno dei santi dell’Ordine libanese maronita, il più conosciuto in Libano e nel mondo e, negli ultimi 5 o 6 anni anche in Italia, è san Charbel Makhlouf. Ogni giorno alla Procura maronita di Roma ci chiamano mediamente 10 o 12 persone che vogliono informazioni su di lui e ci richiedono l’olio benedetto. Questo ci fa piacere, perché dimostra che il Libano non è solo una terra di sangue e di guerra, ma fa parte della Terra Santa. San Charbel è il primo santo di tutto l’Oriente canonizzato dalla Chiesa cattolica. Quasi ogni giorno compie miracoli, le testimonianze sono innumerevoli. E’ un monaco che ha vissuto in un eremo, lontano dalla gente, ma per stare più vicino alla gente. L'esempio di san Charbel ci invita a mettere Dio al primo posto nella vita, e non è poco, soprattutto quando gli impegni, le difficoltà e gli imprevisti ci spingono a trascurare facilmente la messa e la preghiera.
L’olio miracoloso di san Charbel...
L’olio che viene benedetto presso la sua tomba, che è fonte di miracoli, richiama un episodio della sua vita. A quei tempi non c’era l’elettricità e i monaci usavano le lampade ad olio per leggere e pregare. Un giorno il santo rincasò tardi dai campi. Ignorava che il superiore in refettorio avesse chiesto ai monaci di risparmiare l’olio e di non accendere per alcune notti le lanterne dopo la campana del riposo. Così chiese a un inserviente di riempirgli il serbatoio della lanterna. Per scherzo il giovane, con la complicità di alcuni compagni, lo riempì di acqua invece che di olio. Padre Charbel non si accorse di nulla, prese la lampada, entrò nella sua cella e l’accese come se niente fosse. I colpevoli, sbigottiti, andarono a chiamare il superiore, perché non si spiegavano come mai la lampada piena d’acqua si fosse accesa. Dopo avere controllato che effettivamente la lanterna del santo contenesse acqua, il superiore gli permise di trasferirsi all’eremo di Annaya, a quindici minuti di cammino dal monastero. Era il segno che attendeva per concedergli di passare dalla vita monastica alla vita eremitica e per questo episodio l’olio è diventato un simbolo dei miracoli di san Charbel e della sua presenza.
L’olio viene benedetto dai monaci del nostro Ordine presso la tomba di san Charbel con le reliquie ex ossibus del santo. Per chi lo usa con fede è fonte di guarigioni e miracoli. Con la fede in Dio e la preghiera, l’olio si dimostra un mezzo efficace dell’intercessione del santo. Per questo si parla di olio benedetto miracoloso. Ogni flaconcino che voi riceverete fra poco, proviene dalla tomba di san Charbel. E’ accompagnato da un pezzettino di stoffa benedetta che è stato a contatto con il corpo del santo, e da alcuni grani di incenso, in segno di venerazione dell’olio e della reliquia. Ricordo che l’olio di per sé non è sufficiente senza la fede e la preghiera. Quando c’è la fede vi assicuro che questo santo vi farà capire tante cose, vi farà sentire la sua presenza e il suo aiuto. Provate e vedrete!
Il corpo di san Charbel non si è decomposto...
Dopo la sua morte, nel 1898, il suo corpo rimase intatto e flessibile fino alla beatificazione, avvenuta nel 1965. Per 67 anni trasudò ininterrottamente un liquido rossastro, un fenomeno soprannaturale con cui Dio manifestava la sua santità. Quando la Chiesa lo dichiarò beato, il suo corpo smise di produrre il liquido, ma rimase intatto fino al 1977, anno della canonizzazione. Dopo si è prosciugato, ma non si è decomposto, si è solo essiccato, con la pelle aderente alle ossa.
Così come in questo Santuario della Madonna dello Scoglio, situato in una piccola località, arrivano persone da tutte le parti del mondo, anche il piccolo villaggio di Annaya è diventato internazionale per san Charbel. Nel Museo del monastero conserviamo lettere provenienti da ogni paese del mondo, che testimoniano le grazie e le guarigioni ottenute per intercessione del santo.
San Nimatullah maestro di san Charbel...
Accennerò ora brevemente agli altri tre santi del nostro Ordine. San Nimatullah Al-Hardini era il maestro di teologia di san Charbel. Già in vita era considerato un santo e aveva il dono di compiere miracoli. Anche il suo corpo è rimasto intatto e flessibile fino alla beatificazione e poi, pur rimanendo intatto, dopo la canonizzazione si è essiccato. Anche San Nimatullah compie miracoli, ma quello che ne compie di più è san Charbel. Basta visitare il monastero di Annaya per verificarlo.
Il beato Stefano Nehmé e la sorgente di acqua miracolosa...
Il terzo santo dell’Ordine maschile è il beato Stefano Nehmé, beatificato di recente, il 27 giugno 2010. Era un frate semplice, morto all’età di 49 anni. Anche il suo corpo è rimasto incorrotto e flessibile come gli altri due. Quando la Commissione per le Cause dei Santi è venuta in Libano per prelevare una reliquia ex ossibus per il Santo Padre, per la cerimonia di beatificazione, non ha potuto asportare alcun osso, perché il corpo era morbido e flessibile come se fosse vivo. Gli potevano alzare le braccia e cambiare i vestiti. Per questo si sono accontentati di un lembo di pelle come reliquia. Ora vedremo se alla canonizzazione anche il suo corpo si prosciugherà com’è avvenuto per gli altri due santi.
In occasione della beatificazione, il suo corpo incorrotto è stato esposto in un’urna di vetro. Il beato Stefano ci mostra che le cose più semplici sono importanti per Dio. A volte pensiamo che per avvicinarci di più a Dio dobbiamo compiere grandi imprese. Stefano invece ci fa capire che le piccole cose che facciamo hanno un grande valore agli occhi di Dio, come afferma il Vangelo: “Chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa” (Mt 10,42). Questo monaco ci insegna che la semplicità della vita, vivere ogni cosa con attenzione e fare tutto con il cuore, è sufficiente per la nostra salvezza. La particolarità del beato Stefano è l’acqua benedetta. Mentre era in vita il beato scoprì una fonte di acqua presso la sua casa natale. Dopo la sua morte, una suora del nostro Ordine, gravemente ammalata, che era anche una parente del beato, sognò Stefano che la invitava a bere l’acqua della sorgente da lui scoperta. Dopo aver bevuto quell’acqua, la religiosa è guarita e questo miracolo è stato approvato per la beatificazione. L’acqua del beato Stefano è diventata da allora, come l’olio di san Charbel, fonte di guarigione per coloro che la bevono e la usano con fede. Olio e acqua sono sempre simboli di gioia e di pace.
Santa Rafqa e la terra della sua tomba fonte di guarigione...
La quarta santa del nostro Ordine è santa Rafqa, entrata in clausura dopo aver condotto una vita missionaria. Malgrado vivesse una vita molto austera, la santa chiese a Gesù crocifisso di poter soffrire con lui, per esprimergli meglio il suo amore. Sappiamo che la morte in croce di Gesù è la prova suprema del suo amore per noi. Rafqa ha voluto ricambiare l’amore di Gesù crocifisso per mezzo della sofferenza. A nessuno piace soffrire, anzi, quando capita corriamo subito a cercare una medicina. Invece santa Rafqa non ha voluto soffrire per amore del dolore, cosa che non avrebbe senso, ma per manifestare meglio il suo amore al Signore. Il suo esempio ci fa capire che le difficoltà della vita non devono allontanarci da Dio, ma devono avvicinarci ancora di più a Lui, perché non possiamo portare da soli le croci della vita. Non esiste nessuno senza croce, ciascuno ha la propria, o anche più di una. Vi auguro che la vostra croce diventi più leggera, tuttavia rimarrà e solo con Dio diventa sopportabile. Santa Rafqa ci mostra che è possibile portare la croce con Dio, ma la croce senza Dio, mai! I santi del nostro Ordine compiono miracoli per mezzo di elementi diversi. L’intercessione di santa Rafqa si esprime soprattutto con la terra della sua tomba. Pochi giorni dopo la sua morte, la sua superiora, che soffriva di una malattia incurabile al collo, sognò la santa che le diceva di prendere un po’ di terra della sua tomba e di sfregarla sulla parte ammalata. La superiora ubbidì e fu guarita all’istante. E’ stato il primo miracolo di santa Rafqa e da quel momento la terra della sua tomba è diventata una terra che guarisce, come l’olio di san Charbel e l’acqua del beato Stefano”.
Nelle fotografie: alcuni momenti della giornata di preghiera, con la presenza di Fratel Cosimo.